Anche solo a sfogliarlo con tutte quelle mappe viene voglia, se non di viaggiare, di disegnarne una.
Il volume “Le terre immaginate. Un atlante di viaggi letterari” (Ed. Salani)- propone un viaggio dentro le “mappe” — reali e immaginarie — che hanno accompagnato scrittori e illustratori nella creazione dei loro mondi narrativi. Include testi di autori-famosi che riflettono sul legame fra mappa, immaginazione e racconto. La struttura è molto curata con illustrazioni, bozzetti, mappe originali o riprodotte, riflessioni d’autore, dove ovviamente è possibile ripercorrere la meticolosità , l’avanzamento conoscitivo e tecnologico che ha accompagnato la rappresentazione delle mappe dai primi viaggi esplorativi in giro per il mondo fino ai giorni nostri, decisamente molto più digitali.
L’oggetto libro è molto curato: un libro-atlante, più che un saggio tradizionale, che stimola visivamente e intellettualmente la capacità delle mappe di “portarci altrove”, di connettere immaginazione e scrittura.
 
«Tutte le mappe sono prodotti dell’immaginazione umana. Sono scritture provenienti dal pensiero e dal ragionamento e incarnano ogni sorta di racconto.» (Lewis-Jones,)
Nell’introduzione si stabilisce il tono del libro: l’autore curatore ci guida ad accettare che le mappe non siano solo strumenti geografici, ma metafore del viaggio letterario, dell’immaginazione, dell’esplorazione interiore.
È citata la frase di J. R. R. Tolkien: «Saggiamente ho iniziato da una mappa e ci ho fatto poi entrare la storia…»
Questa sezione avvicina il lettore all’idea che “mappa” = “mondo narrativo” + “liberazione dell’immaginazione” mettendo in evidenza che non solo il “mondo immaginario” è mappa-costruito, ma anche che la mappa spesso precede la storia o l’accompagna.
Viene poi esplorato come gli scrittori usano le mappe: quelle che disegnano, quelle che consultano, quelle che servono da struttura ai loro libri, ai loro viaggi. Ad esempio, autori come Philip Pullman raccontano della mappa che hanno disegnato per il loro romanzo. Si parte dall’infanzia, dalla scoperta delle mappe, e da come queste indirizzano poi verso la scrittura nel mondo adulto.

Nell’ultima sezione delle riflessioni su come le mappe (reali o immaginarie) ci permettono di leggere i mondi, di perderci in terre immaginate, di interrogare gli spazi vuoti, le “zone di confine”. Un articolo lo menziona: «il fascino esercitato dalle mappe è anche quello che sulla mappa non c’è … i bordi, le aree vuote… molti scrittori ne sono inevitabilmente attratti».
Sentiamo sempre parlare di meta-pensiero, alla fine di questo libro inizieremo anche a pensare non solo all’“oggetto mappa” ma ad un nuovo “meta-oggetto mappa”.
È un’opera curata, stimolante, capace di aprire una finestra su un aspetto poco trattato della letteratura ovvero le mappe come strumento e metafora, non solo mera riproduzione scientifica.
Come lettrice che ama la dimensione visiva della scrittura oltre che i contenuti testuali, e il connubio fra arte e letteratura, l’ho trovato di grande valore. E se ami guardare immagini, mappe, illustrazioni, non puoi perderti questo volume.

 
							 
						 
					
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